Progetto India


Casa “Ricostruire la Speranza”

Centro di salute mentale di Edacochin-Kochi – Stato del Kerala, India

La città di Prato adotta un manicomio in India

Per più di 10 anni un gruppo misto della salute mentale di Prato (utenti, familiari, volontari, operatori) assieme alle scuole superiori della città e spinti dall’entusiasmo di Suor Paola, Madre Generale delle Suore Domenicane di Santa Maria del Rosario, si sono recati ogni anno a Kochi, nello stato del Kerala per portare vita e dignità a chi era costretto a vivere in un manicomio della città in condizioni di brutale abbandono.

Da queste frequentazioni nacque un legame particolare tra il mondo di Prato e quel luogo di dolore che riuscì a tratti a recuperare per i suoi ospiti dignità e relazioni umane positive.

Come si sa l’appetito viene mangiando e lo scorso anno per una serie di vicende, in larga misura casuali, nacque un progetto molto più ambizioso che voleva portar via da quel manicomio almeno 50 donne e contemporaneamente aprire un Centro di salute mentale sul modello di quelli italiani, realtà in Kerala del tutto assente.

Per fare questo le Suore ‘rinunciarono’ a una scuola che era già praticamente finita per destinarla alle 50 donne che sarebbero a breve uscite dal manicomio e per avventurarsi ad aprire un Centro di salute mentale per dare alla malattia mentale una dignità e risposte che sino ad ora sono troppo spesso in quel paese insufficienti quando non del tutto inadeguate.

Nasce un ambizioso Progetto “Diamo un senso alla “follia”. Riaccendiamo la speranza!”

La sanità in India

In India la sanità è prevalentemente privata, simile al modello americano basato sul sistema assicurativo. Chi può pagare riceve cure di elevata qualità, le classi povere sono ‘abbandonate’ alla carità di strutture religiose o a sostegni governativi che sono solitamente di livello basso/molto basso. 

La salute mentale ovviamente è allineata su questo modello. Le classi ricche fruiscono di ospedali e di cure ambulatoriali di livello internazionale con un approccio medico-farmacologico. Gli utenti ‘gravi’ delle classi medie e soprattutto povere finiscono negli ospedali psichiatrici, dove vivono da reclusi come succedeva nei manicomi di casa nostra di 50 anni fa. Ci sono poi molti ‘Centri di riabilitazione psico-sociale’ che ospitano alcune centinaia di malati ciascuno. Un mondo variegato e dalla gestione e dalla qualità interna molto diversa. Anche la permanenza nelle strutture è fortemente disomogenea. Si sono strutture dove la permanenza non supera in media i pochi mesi, altre in cui la maggioranza degli ospiti vi vivono da lustri e sono destinati a restarvi per tutta la vita. Ruolo fondamentale è giocato dalle famiglie a cui è demandata la decisione di riaccogliere o meno il congiunto. Altra nota dolente è il sovraffollamento delle strutture, legato per lo più alla difficoltà di dimettere persone che non hanno famiglia o non hanno famiglie disponibili a riprenderli con sé.

La struttura

Le Suore Domenicane hanno messo a disposizione un immobile, sin qui destinato a scuola, che è ultimabile in pochi mesi, a patto di trovare i circa 300.000 Euro occorrenti. È una struttura ‘grande’ di 2.500 mq. È costruita a parallelepipedo con un ampio cortile interno che la rende ariosa e atta a favorire una dimensione di relazionalità ‘aperta’. All’esterno ha una vasta superficie che può essere adibita a diverse destinazioni, dal lavoro, all’intrattenimento e al coinvolgimento del quartiere.

Le funzioni

Le 2 funzioni, che rispondono a bisogni diversi, dovranno trovare una loro integrazione e potranno giovarsi di reciproci scambi che comporteranno una sorta di mutualità ricca e funzionale.

1.Centro di salute mentale

Il Centro di salute mentale (CSM, come lo chiameremo da qui in poi), assomiglierà, tenendo conto della speci-ficità della salute mentale indiana, a un ‘buon’ Centro di salute mentale italiano, paradigma di ‘buona’ salute mentale secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, centrato su risposte a valenza e priorità territoriale.

La territorializzazione della risposta e la Recovery

La territorializzazione della risposta in salute mentale

Territorializzazione vuol dire rispondere ai bisogni delle persone con disagio mentale con i CSM, che dispongono di aree di lavoro in grado di seguire la persona col disagio sia nei propri spazi che nei suoi  luoghi di vita e di lavoro degli utenti. Un CSM è impegnato almeno su questi principali fronti:

1.  Una prima accoglienza «calda» per creare fiducia e speranza e relazioni ricche di affettività.

2.  Ascolto, sostegno e coinvolgimento dei familiari.

3.  Risposta territoriale in tempo reale alle crisi (al CSM, a domicilio o in altri luoghi extraospedalieri), evitando il più possibile il ricovero in Ospedale.

4. Formazione di utenti che siano consapevoli del proprio sapere e lo mettano a disposizione dei propri pari che ancora vivono nel disagio (sul modello degli Utenti Familiari Esperti- UFE)

5.  Sostegno all’abitare autonomo in assenza di un sostegno familiare, per evitare lungodegenze in strutture contenitive.

6. (ri)avviamento al lavoro, con attività interne al CSM o sul libero mercato. 

7. Attività di contrasto allo stigma e al pregiudizio al CSM e sul territorio.

8. Coinvolgimento della Comunità in attività di volontariato nei vari ambiti di attività del CSM 

9. Tutela della salute fisica per colmare il gap di aspettativa di vita che hanno le persone con disagio mentale.

Un CSM orientato alla Recovery si basa sui seguenti principi e sulle relative pratiche correlate:

  1. Operatori, utenti e familiari posseggono ciascuno un proprio specifico sapere. Un sapere professionale quello degli operatori, un sapere esperienziale quello degli utenti e dei familiari. Dando pari dignità a questi 2 saperi rivoluzioniamo il paradigma medico-centrico e diamo vita a percorsi di cura fatti di condivisione, di corresponsabilità, di co-progettazione, di co-produzione. Il cuore della Recovery!
  2. Anche l’utente che vive il disagio più estremo, ha un proprio livello di responsabilità.Così gli riconosciamo un ruolo attivo in un contesto paritario e promuoviamo percorsi di Recovery.
  3. Il cambiamento dell’utente (come di ogni persona) è sempre possibile. La sofferenza si può superare, si può imparare a convivere con essa.
  4. Ogni utente (come ogni persona) ha risorse e non solo problemi. Le risorse si vedono se si vogliono vedere.

La Recovery è un percorso del tutto alternativo agli approcci tradizionali centrati sul modello medico-biologico. La persona con disagio psichico diventa protagonista di un percorso personale e unico che lo porta a modificare i propri comportamenti, obiettivi e ruoli, recupera dignità, responsabilità e presenza attiva nella comunità. È un modo di vivere con soddisfazione la vita partecipando ad attività e relazioni significative anche con le limitazioni dovute alla malattia. 

Primi spunti territoriali operativi del CSM di Edacochin-Kochi

  1. Il quartiere, e tutta la città che ha quasi 2 milioni di abitanti, se ne servirà come di un servizio di 1° livello per tutti i tipi di disagi mentali, da quelli meno impegnativi alle vere crisi che non devono avere come unico accesso immediato l’ospedale, cosa che succede ora.
  2. Il CSM disporrà di alcuni posti letto per gestire la crisi al suo interno facendo tutto il possibile per evitare il passaggio all’ospedale psichiatrico.
  3. Il CSM disporrà di un servizio ambulatoriale di consultazione, il più presente in India, che seguirà le situazioni meno impegnative o quelle che hanno superato la fase critica.
  4. L’aspetto più innovativo sarà seguire gli utenti anche al proprio domicilio, pratica oggi assente.
  5. Altro impegno innovativo riguarderà reperire soluzioni abitative autonome, supportate da operatori del CSM, per chi non ha famiglia o non vi può tornare.
  6. Trovare le opportunità lavorative per dar vita a produzioni che siano remunerative e spendibili sul mercato.
  7. Introdurre la figura dell’UFE (Utente Familiare Esperto) che oggi in India non è presente. La presenza di questa figura è un catalizzatore prezioso per i percorsi di territorializzazione e di Recovery e costituisce uno dei passaggi più semplici e al tempo stesso più importanti del Progetto.
  8. Sviluppare la dimensione gruppale usata in contesti diversi ma convergenti. La gruppalità dell’auto-aiuto, la più semplice per iniziare. La gruppalità della crisi, un cambio di prospettiva e di contesto. I gruppi aperti alla Comunità, indispensabili per un CSM a trazione territoriale. Per portare le competenze dei cittadini nelle attività del CSM, in particolare nelle attività lavorative. Per portarvi la ‘vita’ ed essere i migliori sponsor nella battaglia contro lo stigma e i pregiudizi.

2.Centro di accoglienza per le 50 ospiti dimesse dal manicomio ed eventuali altre ospiti provenienti da altre strutture

Il CSM di Edacochin-Kochi vivrà una doppia scommessa. Quella di aprire un CSM aperto alla comunità e farvi coesistere un Centro di accoglienza per le 50 ospiti provenienti dal manicomio. 

La vita in quel manicomio, pur con il sostegno portato dal gruppo di Prato, si caratterizza per la povertà delle relazioni umane, il disinteresse alla dignità delle persone ospitate, per l’assenza di un progetto di cura. Un girone dantesco tipico delle strutture manicomiali da cui si esce solitamente alla fine della vita.

‘Trasferire’ 50 donne dal manicomio al CSM di Edacochin-Kochi è un atto di ‘fede’ che crede fermamente nei ‘miracoli’.  Restituire a 50 donne quella dignità e quei diritti fondamentali che devono essere garantiti ad ogni essere umano. Lo stesso ‘miracolo’ che fece Basaglia e i tanti che si batterono con lui per la chiusura dei manicomi in Italia nel 1978 con la Legge 180. Una battaglia anzitutto etica e valoriale, ma anche ancorata alla scientificità di cure riconosciute e ai modelli del welfare di comunità.

Alcuni saranno i passaggi fondamentali per far germinare questo ‘miracolo’:

  1. Anzitutto il clima. Tanto il manicomio era un luogo di morte tanto il CSM dovrà essere un luogo di vita di relazioni. Relazioni profondamente affettive, di calda accoglienza incondizionata, di condivisione quotidiana delle piccole grandi cose della vita tra tutti i fruitori del CSM.
  2. La dimensione gruppale. Il gruppo si incontra tutti i giorni, prima con difficoltà e resistenza, poi sempre più con voglia di vita ritrovata, di dialogo, di confronto, di libertà di espressione, di valore di essere umani.
  3. La dimensione progettuale. Ogni persona che soffre di un disagio psichico deve essere aiutata a trovare un suo progetto di vita, diverso per ciascuna di loro, con obiettivi, e percorsi ritagliati a misura della singola persona. Vi saranno percorsi che ci stupiranno per la loro relativa brevità e i successi magari inaspettati, altro che ci vedranno in difficoltà e per cui ci ritroveremo a riprovarci per le bibliche 70 volte 7.
  4. La dimensione operativa. Ogni percorso troverà nel suo cammino, oltre agli inevitabili ostacoli, i tanti piccoli successi che cambieranno le vite di tutti noi. E il cambiamento sarà tanto più reale e vissuto quanto più riusciremo a ‘mescolare’ nel CSM problemi e risorse di tutti. Perché anche per le 50 donne del manicomio valgono i principi della territorializzazione e della Recovery a garanzia di un ‘fareassieme’ che diventerà rapidamente una delle parole chiavi dell’operare di tutto il CSM.

La collaborazione con il Movimento de Le Parole ritrovate

Per dare gambe più solide al progetto le suore e gli amici di Prato hanno ritenuto di coinvolgere il Movimento nazionale de Le Parole ritrovate, che ha maturato nei suoi 20 anni di vita, in specie tramite la realtà trentina, esperienze internazionali che presentano punti di contatto molto simili a quelli che andranno a caratterizzare il Progetto a Kochi. Un primo passo ha visto il referente de Le Parole ritrovate (nella persona di Renzo De Stefani) andare con il gruppo di Prato a Kochi nella prima settimana del dicembre 2019 per rendersi conto in ‘diretta’ della situazione indiana e di come il Progetto poteva trovare una sua percorribilità.

Da questo viaggio è nato il Progetto, approvato dal Coordinamento nazionale del movimento il 18 gennaio a Bologna, frutto in questa fase iniziale del lavoro congiunto di madre Paola e delle sue suore, di Lamberto Scali, uno degli storici promotori del legame tra Parto e l’India e di Renzo De Stefani per conto de Le Parole ritrovate.

È con orgoglio quindi che ci apprestiamo a riadattare la struttura scolastica in un vero Centro di salute mentale che costituirà per quella regione dell’India una sfida e una speranza per tante persone oggi completamente tagliate fuori dalla comunità e rinchiuse in strutture di morte.

E con altrettanto orgoglio possiamo dire che in quel luogo di ritrovata speranza, che noi pensiamo profumerà di libertà e di dignità, ci sarà un pezzo importante di Parole ritrovate che accompagnerà tutto il progetto sia attraverso una raccolta di fondi sia attraverso un accompagnamento in quello che sarà un vero e proprio laboratorio di quel fareassieme che nel tempo abbiamo saputo esportare un po’ in tutto il mondo.

Per partecipare e contribuire al progetto puoi aderire alle varie iniziative che diversi gruppi di Parole ritrovate faranno un po’ in tutta Italia.

Un modo semplice è acquistare e diffondere le cartoline che abbiamo preparato e che avevamo già usato con successo nel progetto della scuola di Muyeye in Kenya. Il funzionamento è semplicissimo. Si vendono a 5 Euro ciascuna (o per lo meno questo è il suggerimento per offrirle a un prezzo abbordabile e senza svenderle a 1 o 2 euro) e chi le compra le indirizza in diretta ad amici e parenti ce le restituisce e noi ci impegniamo a spedirle dall’India quando ci sarà l’inaugurazione della struttura. In questo modo per Muyeye avevamo raccolto quasi 50.000 Euro!!! Se non siete legati a gruppi di Parole ritrovate potete scrivermi o telefonarmi per averne (Renzo De Stefani cell. 3351813539, mail renzodestefani48@gmail.com)

Nasce a Kochi (India, Stato del Kerala) la Casa “Ricostruire la speranza”.

Le Suore Domenicane di S.M. del Rosario, il mondo della salute mentale di Prato e il movimento Le Parole ritrovate, danno vita a un Centro di Salute Mentale aperto alla Comunità che accoglierà anche circa 50 donne con dolorose storie di “follia” per restituire loro dignità e parola.

Partecipa anche tu!

Puoi contribuire al Progetto facendo un versamento sul Conto 005000 intestato a “Associazione Amici del Rosary Convent Onlus”, Banco BPM Dip. 2660 Prato Grignano con causale “Progetto India”.

CODICE IBAN IT78L0503421564000000005000
CODICE SWIF  BAPPIT21S60


Diamo un senso alla “follia” Riaccendiamo la speranza